Se l’unica preghiera che tu abbia mai recitato è “grazie”, è già sufficiente.
MEISTER ECKART
Non possiamo star soli in una vita che ci vuole insieme, collegati, connessi. A condividere, complessivamente, le stesse risorse e le stesse carenze.
Sentirsi soli su questa terra è un ossimoro, anche se è una condizione che appartiene a molti. Sentirsi soli è l’espressione della difficoltà a comunicare le proprie emozioni, o a farle ascoltare, o a condividere con altri quello che si sta facendo, le ragioni che danno il senso al nostro agire.
Il lavoro è un ambito in cui questa “solitudine” si sperimenta come nella vita privata, e l’idea del post di oggi nasce dalla conversazione tenuta con una cara amica giorni fa a proposito di comodità, serenità, efficienza, ovvero di benessere nella vita professionale.
Ci chiedevamo quali fossero le competenze con le quali un praticante di Yoga può contribuire al buon funzionamento del suo contesto lavorativo. Io questa domanda me la sono fatta per la prima volta tanti anni fa, quando ho iniziato a lavorare nelle aziende come consulente, tenendo corsi di meditazione, comunicazione e Yoga, e organizzando percorsi di Team Building e benessere lavorativo basati sui miei interessi e le mie specialità. Mi sono resa conto, nel corso del tempo, di quanto questa domanda sia utile riporsela e non smettere di indagare nuove possibilità di risposta.
Rispetto a solo qualche anno fa il mondo del lavoro ha vissuto mille piccole e grandi rivoluzioni, in primo luogo perché l’utilizzo spinto della tecnologia ha avuto sulle attività produttive gli stessi effetti che riscontriamo oggi in qualsiasi ambito sociale: il tempo del lavoro e quello della vita privata che si confondono, l’isolamento fisico delle persone e la loro predisposizione verso la connessione globale messa a disposizione da internet, l’acquisizione di abitudini sedentarie dovute alla modificazione dei processi di lavoro, eccetera.
A questi cambiamenti, veloci e continui, non è possibile rispondere con strategie schematiche e codificate, ma l’esperienza mi ha dimostrato d’altra parte che un “ritorno alle origini”, alla semplicità, all’essenzialità e alla solidità delle nostre pratiche sono un fondamento autentico e potente dal quale partire.
Credo profondamente nelle potenzialità dello Yoga e della meditazione. Entrambe hanno la capacità di accompagnarci e risultare utili, come tutti voi che le praticate avrete verificato, in ogni ambito della nostra vita. Questo accade perché sono strumenti di osservazione e di crescita personale, premessa indispensabile per la riuscita di ogni tipo di relazione.
E allora, tornando alla domanda iniziale, quali sono le competenze con le quali un praticante di Yoga può contribuire al buon funzionamento del suo contesto lavorativo?
Vi lascio degli spunti, dal più materiale al più astratto , che avremo modo di approfondire nelle prossime settimane e che saranno oggetto di una iniziativa che rilancerò quest’anno con ancora più convinzione e entusiasmo… restate connessi!
– Possiamo utilizzare lo yoga per mantenere una corretta postura ed evitare disturbi alla colonna e alle articolazioni
– Possiamo utilizzare lo yoga per aiutare gli altri a fare lo stesso
– Possiamo utilizzare lo yoga per migliorare la nostra sensibilità corporea, il contatto e la convivenza con gli altri, anche sul luogo di lavoro
– Possiamo migliorare, attraverso il contatto gentile e consapevole, l’empatia con i nostri colleghi
– Possiamo richiamare la tranquillità della mente in situazioni di urgenza o di pericolo
– Possiamo richiamare la tranquillità della mente in situazioni di conflitto, e garantirci l’equanimità nell’affrontare i problemi
– Possiamo acquisire delle competenze comunicative utili a risolvere i conflitti
– Possiamo acquisire delle competenze comunicative utili migliorare i nostri risultati personali e del nostro gruppo di lavoro
Cosa pensate che derivi da tutto questo? Riuscite a immaginare un ufficio sereno e un ambiente pacifico come quello del vostro Shanga? :))
Ne riparleremo!
(la foto di questo post è di Rodney Smith)